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  • Conoscere la vita dei missionari in quelle terre, e come sono accettati, sia negli anni passati che ora, è un’esperienza che abbiamo potuto sentire dal dialogo tra due protagonisti, padre Franco Martellozzo che dal 1963 è in quella regione e don Benoit Lovati, che vi è da 15 anni.
    L’incontro di lunedì 2  ottobre è stato protagonista di un vivace scambio di domande e risposte tra i due che ha tenuto alta l’attenzione dei presenti, coinvolgendoli in un dibattito vivo e profondo sui problemi e sulle difficoltà che i missionari trovano sul loro cammino.
    60 anni fa ero visto con sospetto, in una regione mussulmana” dice p. Martellozzo, “ma ora, dopo le opere che abbiamo realizzato, vi è grande rispetto e considerazione fino alla collaborazione”.
    Dalla diffidenza alla stima, alla gratitudine: è questa la ricompensa per i missionari.
    L’obiettivo era ed è di realizzare opere e mettere in atto un insieme di attività che potesse consentire a quelle popolazioni di vivere dignitosamente nella propria terra.
    E qui si spazia dalla costruzione di scuole, alla formazione dei giovani, ma soprattutto delle giovani donne per favorirne l’emancipazione là dove la donna è considerata inferiore all’uomo, all’aiuto per raggiungere l’autosufficienza alimentare, alla costruzione di  pozzi, alla realizzazione di orti comunitari: tante strategie per un unico obiettivo.
    Non meno interessanti sono stati gli interventi di don Renzo Rossignolo, di padre Francesco Breda e di don Vimal: un crogiolo di situazioni, di esperienze che arricchisce la conoscenza di realtà tanto diverse.
    Ma anche l’intervento del Sindaco Marco Schiesaro, sensibile alla tematica del volontariato e del dott. Lepoldo Costa, con la sua esperienza nell’Ospedale di Nyahururu, hanno destato grande interesse.
    Mosè Pagnin

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  • Aiutare le giovani donne non scolarizzate a raggiungere l’emancipazione, a conoscere i propri diritti e doveri, oltre ad acquisire competenze utili al proprio sostentamento quotidiano: questo l’obiettivo del progetto “foyer des fammes et des filles” del vicariato di Lagon diocesi di Pala-Ciad, in un territorio che comprende 60 villaggi per più di 100.000 abitanti.
    Dopo il primo anno 2019-20 che ha visto la partecipazione di una trentina di donne, il numero è cresciuto rapidamente negli anni successivi.
    “Il 2022-23 è stato l’anno della svolta per il nostro centro”, dice p. Benoit.
    Grazie all’associazione “Insieme si può” di Belluno si è potuto realizzare una struttura per ospitare i corsi e le attività si sono moltiplicate fino a raggiungere circa 400 partecipanti.
    E’ sorto così il problema dove alloggiare le ragazze dei villaggi vicini.
    Grazie all’aiuto di Fraternità Missionaria di 12.450 euro è stato possibile costruire due dormitori, oltre al pozzo già realizzato con la donazione di 4.030 euro della signora F.P. di Cadoneghe.
    Visto la grande partecipazione, l’obiettivo per il 2023-24 è di intensificare i vari corsi: di cucito, di alfabetizzazione, di orto, sulla trasformazione dei prodotti locali di puericoltura, di igiene famigliare, di economia domestica, sui diritti e doveri delle donne, di pronto soccorso e infine il corso triennale per infermieri.
    L’impegno continua. “chi educa un bambino educa un uomo, chi educa una bambina educa un popolo”.
    Don Benoit Lovati, responsabile del progetto, sarà tra noilunedì 2 ottobre ore 21.00 nel salone del centro parrocchiale, per incontrare e ringraziare i soci.
    Ti aspettiamo.

    Mosè Pagnin

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  • Don Benoit felice per aver ricevuto da Fraternità M. l’importo del 5 x 1000 del 2022 pari a euro 5.538, che gli ha consentito di avviare i lavori per la costruzione del dormitorio, indispensabile per le donne che provengono dai vicini villaggi.

    Procede con successo il progetto avviato sulla formazione delle giovani donne, per sottrarle alla condizione di sottomissione a cui sono soggette.
    La nutrita partecipazione nei vari campi della formazione, conferma la validità del progetto. Le varie opportunità che il programma prevede, spaziano dal cucito, all’uncinetto, al giardinaggio, alla trasformazione dell’olio di arachidi in pomate.
    Ambiti di formazione che in quella realtà diventano per le donne l’occasione per raggiungere l’obiettivo di affrancarsi da matrimoni combinati, da gravidanze precoci, e poter finalmente avere la propria dignità e indipendenza.
    Ma il progetto per realizzarsi ha bisogno del tuo sostegno.
    Dona sulla piattaforma digitale forfunding e condividi questo link https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/progetto/futuro-donne-ciad 
      con i tuoi contatti, sui social.
     Mosè Pagnin

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  • Povertà diffusa, insicurezza alimentare, diffusione di malattie endemiche (malaria, HIV-AIDS, dissenteria, verminosi, ecc.), mancanza di accesso ai beni primari, acqua e medicine: don Benoit Lovati, missionario, ci manda il ritratto di una zona del Ciad che lascia sgomenti.
    In quella zona, Fraternità Missionaria ha realizzato due progetti, a sostegno delle iniziative di don Giulio, ora parroco a Salzano: nel  2006 il Centro Sanitario a Pala per bambini portatori di handicap e nel 2014 a Tikem un Centro per la formazione di ragazze  contribuendo a ridurre la mortalità da parto ed al miglioramento della sopravvivenza dei bambini.
    Così ci descrive quella realtà don Benoit:
     “A sud ovest del Ciad, con circa 70.000 abitanti, la parrocchia di Bissi Mafou, diocesi di Pala, è totalmente immersa in un contesto rurale fatto di savana e di circa 50 villaggi sparsi su decine e decine di km. Le strade sono piste di savana. Non esiste corrente elettrica né acqua potabile nelle case, ma ci si serve di pozzi a cielo aperto sparsi qua e là nella savana. Le case per la maggior parte sono fatte in mattoni di fango cotto e in pagliericci….
    Si vive con circa 50 centesimi di euro al giorno, principalmente del proprio lavoro agricolo di sussistenza (miglio, sorgo, cotone, arachidi ecc.) e di allevamento di bovini, suini, ovini e pollame. Nella stagione delle piogge molti villaggi sono raggiungibili solo a piedi e la gente resta isolata per più settimane.
    La penuria di acqua potabile da sempre è un drammatico problema. La tecnica dei pozzi a cielo aperto, costruiti con le sole forze delle braccia da temerari scavatori che arrivano fino a 18-20 mt di profondità, non assicura l’acqua per tutto l’anno e spesso non è potabile. Da alcuni anni è nato il progetto che offre perforazioni a macchina fino a 50, 60 metri attingendo alle falde sotterranee.
    La struttura è dotata di una pompa manuale per poter portare l’acqua in superficie. Il pozzo serve la popolazione di un villaggio, e il costo è poco più di 4.000 euro .
    In una cruda realtà ai limiti della sopravvivenza, il pozzo è indispensabile per salvare vite e per il miglioramento delle condizioni di vita.
    Una signora di Cadoneghe, F. P.  ha espresso il desiderio di costruire a sue spese un pozzo in Africa. Don Benoit, ha accolto con gioia questa iniziativa e la signora entusiasta e in lacrime nel veder la realizzazione del suo sogno, ha donato 4.030,00 euro riferisce il Presidente Sergio Mirandola.
    GRAZIE a questa signora che ha voluto realizzare il sogno di salvare delle vite, senza voler apparire.  Grazie a chi dona.
    Grazie anche all’on. Raphael Raduzzi di Cadoneghe per la sua donazione che contribuirà a incrementare i nostri progetti di aiuto.

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