Una lucida e profonda analisi su un grande problema visto da chi vive in quelle realtà da decenni e ne conosce la storia e la geografia: p. Franco Martellozzo affida a facebook le sue riflessioni fondate sull’esperienza diretta assieme alla concretezza delle soluzioni avviate. Ne riportiamo un estratto.
EMIGRAZIONE CLANDESTINA, FENOMENO INARRESTABILE ? di p. Franco Martellozzo – gesuita- da 58 anni in Ciad
PREMESSA: Non mi sono ancora permesso di affrontare questo argomento perché talmente complesso che solo gli sciocchi ne parlano a iosa. …..Posso parlare solo a partire dalla mia esperienza personale limitata al Paese nel quale vivo e lavoro, la zona saheliana del Ciad. Mi domando anche se Facebook sia il luogo adatto a questo argomento. Quanti mi leggeranno fino alla fine? …..….
LA RICERCA DELL’ORO Qualche anno fa l’oro è stato scoperto un po’ dappertutto nel Sahara….I giovani vengono reclutati con contratto firmato e poi messi nel deserto a scavare in condizioni infernali. Se tentano di scappare vengono abbattuti…
L’EMIGRAZIONE VESO LA LIBIA
Questa filiera è la più infame. Dei trasportatori mafiosi caricano i giovani dai villaggi, gratuitamente, e li trasportano al confine con la Libia. Qui, in combutta con i trasportatori, vengono fatti prigionieri dalle tribù locali e maltrattati e filmati. Le immagini dei giovani torturati vengono mandate ai genitori ai quali viene chiesto un riscatto che va dagli 800.000 franchi cfa, in su. Questi, poveri contadini, vendono buoi, aratro, carretta, capre e buoi….per pagare. I giovani allora vengono liberati e spariscono in Libia dove diventano mercenari per la guerra, manovali ecc. Evidentemente qualcuno di certo tenta anche di passare in Italia perché ogni tanto, anche se raramente, ci arrivano notizie di annegamenti.
REAZIONE DEGLI ADULTI LOCALI
Gli adulti, tutti senza eccezione, condannano queste partenze che svuotano i villaggi e riducono alla miseria i poveri genitori….
1- Questi giovani non hanno più voglia di sfacchinare sulla terra perché hanno il cervello deformato dalle parabole televisive. Vogliono la ricchezza in fretta….
2- …. Il fenomeno sparirebbe se le autorità locali intervenissero con fermezza … Ma le autorità locali sono impotenti a causa di certi governanti …. Le potenze occidentali se vogliono combattere il fenomeno debbono stangare senza pietà i governanti dei paesi dai quali provengono i profughi. E niente aiuti !
3- Alcuni genitori non si commuovono più alle immagini dei figli torturati e rifiutano di pagare dichiarando per WhatsApp ai figli: “Avete chiesto il mio parere prima di partire? Adesso arrangiatevi!” Ho l’impressione che questa svolta dei genitori si sta sviluppando.
REAZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA A- LA NOSTRA ANALISI.
La situazione politica corrotta impedisce ai giovani, anche volenterosi, di avere uno spazio nella società facendosi una carriera onesta. Questo stato di cose crea uno scoraggiamento generale e un desiderio fortissimo di fuggire un paese considerato senza avvenire….
Certamente le filiere mafiose approfittano del fatto che questi giovani, hanno il cervello lavato dai mass media. Le paraboliche esistono ormai in tutti villaggi e hanno distrutt0 i valori della società tradizionale creando la cultura dell’effimero, del guadagno facile. I giovani quindi sono disposti a tutto pur di non fare il mestiere del contadino. La visione di un mondo magico spinge molti ingenui a partire, per qualsiasi via, per far fortuna…..
MALEDETTI MASS MEDIA? Compreso Facebook che sto utilizzando? No! Non maledico nessuno, ma da anni cerchiamo la strada per far uscire i nostri giovani da questa maledetta visione!!
B- I NOSTRI TENTATIVI DI SOLUZIONE:
LEGARE L’ INSEGNAMENTO SCOLASTICO AD ATTIVITA ECONOMICHE La scuola infatti, forma solo scribacchini e funzionari statali che raramente e solo con raccomandazione trovano lavoro…La scuola deve preparare i ragazzi a diventare dei bravi agricoltori, muratori, saldatori, non solo scribacchini stipendiati dallo stato. Insomma qui tutte le scuole elementari e medie dovrebbero avere un ramo professionale legato alle realtà economiche locali.
2- CREARE DELLE ATTIVITA ECONOMICHE CHE PERMETTANO AI GIOVANI DI USCIRE DA UN’AGRICOLTURA PRIMITIVA E MISERA.
Dopo il solenne fallimento dei trattori, abbiamo formato ormai in tre anni più di due mila giovani all’uso degli attrezzi a trazione animale e alla gestione delle terre e sementi.
Abbiamo creato di sana pianta un’officina che fabbrica questi attrezzi a trazione animale per non più importarli dall’estero. Permettiamo così ai fabbri locali di evolvere e di guadagnare onestamente la vita diventando dei veri artigiani. Il mercato degli attrezzi agricoli sarebbe infinito. Sui trenta mila soci della nostra federazione agricola, solo sei o sette mila posseggono l’aratro.
Tentiamo di creare un po’ dappertutto degli atelier di apprendistato con tecniche utili all’agricoltura, al giardinaggio, all’allevamento…Insomma a delle attività che aprono il mercato del lavoro. Perfino l’apicultura ha preso piede e diventa un’attività ecologica molto importante.
Infine, incoraggiamo i genitori ad organizzarsi per non pagare più i riscatti e stroncare alla radice queste partenze pazze.
PER FINIRE: Si dice che una rondine non fa Primavera. Invertiamo allora il proverbio:” Anche una sola rondine può far Primavera!”
Nei Paesi del Sud del Mondo, la varechina si è dimostrata importantestrumento per combattere il COVID. Padre Franco in Ciad, dopo l’esperienza di aver sconfitto con l’aiuto della varechina il colera a Mongo nel 2011, riconosciuto anche dalle autorità civili, ha dato nuovo slancio alla produzione di varechina, moltiplicando i centri per la sua produzione con i nostri dispositivi e la formazione del personale addetto. Ma non solo in Ciad. Anche in altri Paesi, è aumentata la richiesta di varechina. La richiesta alla nostra associazione di nuovi dispositivi da parte di chi aiuta i Paesi poveri, dall’Africa al Paraguay, è ripresa. Grazie alla disponibilità e dedizione del nostro socio Giorgio Ferro, che artigianalmente produce questi dispositivi, è stato possibile soddisfare le richieste, sia di nuovi dispositivi che di materiale di ricambio, graffiti, ecc., per quelli in funzione in loco. Dispositivi consegnati: al 30 giugno 2021 n. 233 in 25 Paesi Grazie a quei soci che in silenzio e senza clamore dedicano il loro tempo ad aiutare i più bisognosi.
Tornare in Ciad dopo il periodo del Covid-19 che ha segnato la vita di tutti noi, vedere di nuovo gli aeroporti che ricominciano a vivere con le persone che viaggiano, i negozi aperti dona un senso di speranza profonda dopo un periodo brutto quasi alle spalle, la vita che pian piano riprende il suo corso e che, spero ci trovi migliorati nel profondo. Quando, agli inizi del 2020, il Covid-19 ha iniziato a sconvolgere le nostre vite in Italia e in Europa, il pensiero delMAGIS è andato subito ai nostri partner nel Sud del mondo. Il loro sistema sanitario non avrebbe retto di fronte alla pandemia. Ci siamo subito mobilitati senza riuscire però a fare molto a causa della chiusura delle frontiere in tutto il mondo. Arrivavano richieste giornaliere di dispositivi, di farmaci, di attrezzature per affrontare l’emergenza, ma anche la nostra Europa era presa dall’emergenza e non c’era disponibilità di materiale da inviare all’estero. Giorni di rabbia e sconforto hanno segnato il mondo della cooperazione. Verso la fine del mese di maggio, le frontiere si sono pian piano riaperte e, a fronte di una minore pressione sui nostri ospedale e di un aumento della produzione delle attrezzature e dei dispositivi a livello mondiale, siamo riusciti a inviare i primi aiuti. La gioia più grande? Poter inviare in Ciad, con una valigia diplomatica, il primo alcolometro per permettere all’ospedale di produrre soluzioni detergenti per il personale sanitario! Poca cosa, ne sono consapevole, ma dopo tre mesi di blocco totale vi assicuro che l’entusiasmo per l’alcolometro ha donato nuovo slancio e linfa vitale, un primo timido segno che la pressione Covid-19 si stava allentando sull’Europa e potevamo riprendere con slancio il nostro impegno missionario.
Da lì a qualche mese abbiamo spedito tutti le apparecchiature utili a realizzare un laboratoriale molecolare Covid-19, il Laboratorio di Grandi Epidemie Tropicali presso il Complesso Universitario-Ospedaliero Le Bon Samaritain a N’Djamena gestito dai padri gesuiti.
Un progetto gestito direttamente dal MAGIS e reso possibile grazie al finanziamento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Iniziativa d’Emergenza a favore delle popolazioni vulnerabili in Camerun e in Ciad AID 08/11762/2019 MAGIS – AICS Sede di Khartoum) e al bando straordinario dell’Ufficio per gli Interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Conferenza Episcopale Italiana con i fondi dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica. Tanta solidarietà italiana anche nei momenti di profonda crisi interna!
Avviare un laboratorio specializzato in Covid-19 e organizzare sessioni formative per medici, biologi e tecnici di laboratorio in Ciad, non era fattibile da Roma e così, senza non poche paure e grandi difficoltà diplomatiche per entrare, sono partita in nome e per conto del MAGIS, alla volta del Ciad spinta da un grido per la profonda ingiustizia nell’accesso ai mezzi che avevo vissuto per mesi. Una settimana dopo mi ha raggiunto il Prof. Vittorio Colizzi, docente universitario di immunologia e patologia, specializzato in malattie infettive e in igiene della Sanità pubblica, esperto della sanità africana da oltre 20 anni, che senza tentennare, ha messo a disposizione le sue competenze per seguire, guidare e accompagnare la formazione Covid-19 del personale sanitario in Ciad. Una presenza che è stata vissuta come un segno tangibile di una solidarietà che nei momenti di crisi non si chiude ma deve resta aperta agli altri. Come ha ribadito più volte Papa Francesco in questo tempo di crisi, “nessuno di salva da solo, ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, chiamati a remare insieme”, mettersi a servizio gli uni degli altri anche nei momenti bui per vivere in pienezza il senso dell’appartenenza ad un’unica famiglia umana.
Per fortuna il Ciad non è stato colpito pesantemente dal Covid-19 così come lo siamo stati noi, sarebbe stata la catastrofe totale, un sistema sanitario incapace di reggere la pressione…Ma il nostro impegno non è finito ancora. Ora la sfida che ci attende è quella di continuare a rafforzare la capacità di sorveglianza epidemiologica in Ciad, la formazione dei tecnici, capire le ragioni della resistenza immunologica al Covid-19, rafforzare i laboratori di biologia molecolare perché restano sfide aperte sulla malaria, le epatiti e le altre epidemie che, in Ciad, continuano ad essere la causa di migliaia di morti ogni anno e sulle quali non bisogna abbassare l’attenzione mondiale. Per tutto questo e molto altro, sono di nuovo sotto il cielo ciadiano sempre caldo (40°) e profondamente accogliente.
L’autosufficienza alimentare della popolazione del Ciad è il vero traguardo da perseguire: “solo così si potrà superare l’assistenzialismo” dice p. Franco.
Dopo aver eliminato l’influenza nefasta sugli agricoltori da parte degli strozzini con il successo delle banche dei cereali, ben 400 con 40.000 capi famiglia aderenti, ora p. Franco punta a continuare la fornitura di aratri ed erpici a trazione animale, che si sono dimostrati i più adatti per non distruggere l’humus.
Il progetto comprende anche la formazione agraria dei contadini e la formazione di fabbri, già 6 finora, per la loro costruzione e manutenzione. L’appello è stato accolto da Fraternità Missionaria e Mano Amica con la decisione di finanziare con un importo di euro 10.000 cad., la fornitura di 800 aratri, integrando quanto spendono i contadini per il loro acquisto.
Un progetto avviato nel 2018, ma che ora deve soddisfare una richiesta crescente da parte degli agricoltori che hanno visto il netto miglioramento della produttività.
“Se i contadini hanno il loro aratro, possono finalmente contare sull’autonomia alimentare e superare anche le difficoltà derivanti dalla crisi politica che sta trascinando il Ciad sull’orlo di una guerra civile” dice p. Franco nel corso di una videoconferenza con i Presidenti delle due associazioni.
E il grazie di p. Franco va a quanti hanno dimostrato questa sensibilità, consigli direttivi e soci, fornendo un concreto aiuto.
La consacrazione di un vescovo figlio del Ciad è una festa per la comunità di Mongo. Quì la Chiesa è al servizio di uno sviluppo senza frontiere, con la completa collaborazione di cristiani e musulmani, in una diocesi immensa a maggioranza mussulmana. “il cristianesimo non vuole fare concorrenza all’Islam, ma vuole essere un luogo di dialogo, di vita e di opere”, dice mons. Coudray che ha fondato quella diocesi e che lascia ora alle cure del nuovo vescovo. Dalle immagini che p. Franco ha raccolto, assistiamo ad una partecipazione sentita dei fedeli, che si manifesta con la musica, il ritmo, il canto e la danza, in maniera coinvolgente, difficile da capire per noi occidentali.
E’ l’autentica manifestazione del sentire interiore, perché la musica, espressione artistica di tutte le culture, in questo continente è l’anima di un popolo.
Scuole cattoliche e scuole coraniche unite per la lotta alla desertificazione. Il dialogo interreligioso e la convivenza pacifica unica via per il progresso.
“Finalmente siamo riuniti tutti insieme per tre giorni con lo scopo di ricreare un clima di amicizia e di serenità”. Con questo messaggio p. Franco Martellozzo ci comunica la “risoluzione” dei leaders religiosi riuniti a Baro “per la pace e il suo mantenimento, per la convivenza pacifica e la coesione sociale tra le diverse confessioni religiose”.
Un incontro organizzato da p. Franco, dalla missione evangelica e dal vicario generale, nei locali della parrocchia di un villaggio, scelto perché cuore e luogo dei fondamentalisti islamici che avevano fatto vari tentativi per destabilizzare la comunità cattolica. Un villaggio che stava per essere paralizzato dai contrasti dovuti alla mancanza di dialogo nel reticolato di più religioni. L’incontro ha spazzato via l’ignoranza e ha convinto anche i più riottosi che il rispettare la religione dell’altro e la convivenza pacifica sono l’unica via per il progresso. La vicinanza con le popolazioni mussulmane nata dalla partecipazione alle “banche dei cereali” e dalle altre attività sociali, sta ora rinsaldandosi in un contesto più ampio per una convivenza pacifica. E così come le “banche dei cereali” per la loro utilità hanno avuto un’espansione a macchia d’olio, anche questo incontro per il successo ottenuto e compreso da tutti, sarà ripetuto di comune accordo anche in altri villaggi. “Una novità insperata” dice p. Franco. Tra le linee guida indicate nella “risoluzione”, vi è la consapevolezza acquisita di “unire le forze per risolvere i gravi problemi della regione come l’autosufficienza alimentare, il degrado della natura e delle persone (alcoolismo, droga, matrimonio precoce, ecc)”.
Un altro passo avanti, grazie a p. Franco e ai missionari costruttori di convivenza e a quanti operano per la crescita sociale.
Affrontare l’emergenza senza dimenticare i poveri del Sud del Mondo. Per non essere travolti dall’epidemia, sensibilizzazione e prevenzione innanzitutto. In Ciad si moltiplicano i centri di formazione per produrre la varechina, potente disinfettante: all’ospedale di Mongo, nei centri di Korbo, Koubo, Bitkine, Dadouar, Niergui, mentre si avvia la produzione in loco di mascherine e indumenti di protezione. Con la chiusura delle scuole anche la gioventù si è organizzata in piccoli lavori mentre i più piccoli vengono indirizzati a costruire oggetti in argilla. P. Franco Martellozzo è in prima linea, assieme alle strutture di Aura Caritas , al vicariato apostolico di Mongo, alla fondazione Magis.
Anche fratel Pietro Rusconi, pur colpito dalla scomparsa dei suoi 2 fratelli in Italia per il corona virus, presta la sua instancabile opera, perché come dice lui “non bisogna chiudersi nella sofferenza”. Un grande impegno, una grande lotta ci accomuna.
La presenza di fraternitá Missionaria é arrivata anche nel...
Questi risultati sono davvero la vittoria del cuore. La Pasq...
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