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La formazione in queste scuole tiene conto del fatto che a volte il 100% dei bambini non sono cristiani e quindi insiste sui valori universali riguardanti la relazione ed il rispetto degli altri.
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“Ammiriamo il vostro impegno che da anni ci accompagna e preghiamo perché continui. La preghiamo di esprimere ai soci il nostro grazie, “nostro” perché quanti lavorano in Ospedale sanno quello che fate”, riporta nel suo recente messaggio di auguri mons. Luigi Paiaro, vescovo.
Affrontare e soddisfare le esigenze di un Ospedale in questo difficile momento in cui il mondo è reso più fragile e incerto per la pandemia, è un lavoro di grande proporzioni per la nostra piccola associazione.
“Non è mai cessato il nostro impegno a sostenere l’Ospedale, – riferisce il presidente Sergio Mirandola – in particolare, ultimamente mi sono interessato per l’approvvigionamento e l’invio di 3 concentratori di ossigeno necessari per combattere il COVID e per l’uso in sala operatoria, di 20 letti ospedalieri e di 4 poltrone a doppio posto, materiale ora in partenza.”I report che ci giungono dal direttore dell’Ospedale sono di grande soddisfazione, ma soprattutto sono di stimolo a continuare nel nostro impegno.
Grazie a quanti ci sostengono in questo importante e impegnativo progetto.
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Là dove le bambine non godono di grande considerazione.
Il progetto si colloca a sud ovest del Ciad, nel dipartimento di Lagon, nella parrocchia di Bissi Mafou, con circa 70,000 abitanti, immersa in un contesto rurale fatto di savana e di circa 50 villaggi sparsi su decine e decine di km. Non esiste corrente elettrica né acqua potabile, ma ci si serve di pozzi a cielo aperto sparsi qua e là nella savana. Le case per la maggior parte sono fatte in mattoni di fango cotto e in pagliericci, e si vive con circa 50 centesimi di euro al giorno,
Le famiglie sono molto numerose (la media è di 8 figli per donna). La poligamia è molto diffusa, il tasso di analfabetismo e di abbandono scolastico, soprattutto femminile, è elevato a causa della povertà di moltissime famiglie e di tradizioni socioculturali che favoriscono la disparità di genere e l’abbandono scolastico.Problemi dell’area di intervento e bisogni della popolazione.
In questo territorio si ritrovano i problemi tipici dei Paesi dell’Africa Sub-sahariana: povertà diffusa, insicurezza alimentare, diffusione di malattie endemiche (malaria, HIVAIDS, dissenteria, verminosi, ecc.), mancanza di accesso ai beni primari come acqua e medicine, alti tassi di analfabetismo soprattutto femminile.
L’Africa Subsahariana è inoltre una delle regioni al mondo in cui le donne lavorano di più (fra lavori domestici e agricoli, raccolti da portare al mercato, corvée per acqua e legname, educazione dei figli, assistenza agli anziani, ecc.)Le bambine non godono di grande considerazione e sono sottomesse.
Nella mentalità tradizionale le figlie femmine devono rapidamente prepararsi alla formazione della propria famiglia; aiutano in casa e badano ai numerosi fratellini più piccoli, coltivano abitualmente i campi, sono addette all’approvvigionamento dell’acqua e della legna, si dedicano a pestare con il pilone cereali e legumi nel mortaio, a preparare i pasti, ecc.
Inoltre, sono assai diffusi i matrimoni e/o le gravidanze precoci e ravvicinate che, oltre ai gravi rischi sanitari, favoriscono la desistenza scolastica delle adolescenti, costrette a interrompere prematuramente la scuola per entrare nella vita sociale degli adulti.
Per questo il tasso nazionale medio di alfabetizzazione è del 31.33% per gli uomini e 13.95% per le donne (dati della Banca Mondiale 2016).L’economista Amartya Sen intervenendo a un seminario a Roma ha dichiarato: “La storia e l’esperienza hanno dimostrato che è l’istruzione delle donne che permette di ridurre la fertilità”.
In sostanza, il metodo migliore e “naturale” per limitare un eccessivo numero di figli è far studiare le donne. Se una ragazza frequenta la scuola secondaria, infatti, si sposerà più tardi, avrà una visione più ampia e completa della vita, e soprattutto non guarderà più al numero dei figli come all’unica risorsa per garantire la sopravvivenza del suo nucleo familiare per il maggior numero di braccia lavorative.
Proprio per questi motivi sono fondamentali iniziative che promuovano l’istruzione, ma anche attività di formazione rivolte a bambine e giovani.Obiettivo del progetto
Creazione di un Centro di formazione per le ragazze dai 14 anni in su e giovani donne analfabete e/o poco scolarizzate della Prefettura di Lagon. Beneficeranno i 60 villaggi coinvolti per una popolazione totale di circa 70.000 persone. Si prevede che annualmente almeno un centinaio di ragazze e giovani donne parteciperanno alle attività del centro.
Obiettivi specifici
Alfabetizzazione • Educazione alla Vita e all’Amore • Diritti umani, in particolare i diritti e doveri della donna, Salute e igiene • Economia domestica • Puericoltura • Alimentazione • Taglio e cucito • Ricamo • Elementi di base di agricoltura e allevamento di animali domestici , Attività generatrici di reddito.Le risorse umane ed economiche
Questo progetto mira a valorizzare le risorse umane ed economiche presenti sul posto: i formatori saranno scelti tra le persone competenti in loco, sensibili e disponibili all’emancipazione e promozione della donna.Strutture del Centro di Formazione
Il Centro completo prevede: • 3 sale polivalenti per la formazione e l’atelier di taglio e cucito • 1 ufficio • 3 stanze dormitorio • 1 cucina con magazzino • 3 latrine • 3 docce • 1 punto d’acqua (già finanziato da F.M.).
“Il costo totale previsto di 55.262.000 euro. Fraternità Missionaria dopo aver contribuito alla costruzione di un pozzo con 4.030,00 euro, contribuirà con ulteriori 12.262,00.Si prevede perche per la formazione del personale e per i salari degli operatori siano necessari 16.031,00 euro a carico della popolazione locale.
Resta da finanziare 43.000,00 euro: un grande impegno, ma ce la possiamo fare col tuo aiuto.
Aiutaci a salvare tante bambine da una situazione di sottomissione e gravidanze precoci.
Dona per il “Centro di formazione ragazze” parrocchia di Bissi Mafou – Pala – in Ciad.Tags: BissiMafou, formazione ragazze, Lagon-Ciad, pala
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“Quando a marzo 2019 è scoppiata la pandemia, come MAGIS abbiamo sentito un grido di giustizia levarsi dal Ciad: non avevano strutture adatte e sufficienti per far fronte alla pandemia ….
Il complesso Ospedaliero-Universitario “Le bon Samaritain” di N’Djamena. ha visto intensificarsi l’impegno dei volontari: in particolare grazie all’impulso e alla professionalità del prof. Vittorio Colizzi e all’aiuto dei donatori, abbiamo cercato di fare il possibile per affrontare questa emergenza e salvare quante più vite possibile” …riporta Sabrina Atturo, coordinatrice progetti MAGIS.P. Gherardi che ha realizzato quella struttura, con lungimiranza ha voluto anche la Facoltà Universitaria di Medicina per la formazione di medici.
Ad oggi oltre 100 medici sono stati formati e operano in Ciad.
Anche Fraternità Missionaria è partecipe dell’ importante progetto.
Alla formazione dei medici ha contribuito per 4 anni il prof. Domenico Bottecchia, nostro socio.
Nel 2021, Fraternità Missionaria ha contribuito, su richiesta di p. Martellozzo, a finanziare le spese mediche con una prima tranche di 10.000 euro.
Tags: Bottecchia, ciad, Covid, le bon samaritain, ospedale
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Povertà diffusa, insicurezza alimentare, diffusione di malattie endemiche (malaria, HIV-AIDS, dissenteria, verminosi, ecc.), mancanza di accesso ai beni primari, acqua e medicine: don Benoit Lovati, missionario, ci manda il ritratto di una zona del Ciad che lascia sgomenti.
In quella zona, Fraternità Missionaria ha realizzato due progetti, a sostegno delle iniziative di don Giulio, ora parroco a Salzano: nel 2006 il Centro Sanitario a Pala per bambini portatori di handicap e nel 2014 a Tikem un Centro per la formazione di ragazze contribuendo a ridurre la mortalità da parto ed al miglioramento della sopravvivenza dei bambini.Così ci descrive quella realtà don Benoit:
“A sud ovest del Ciad, con circa 70.000 abitanti, la parrocchia di Bissi Mafou, diocesi di Pala, è totalmente immersa in un contesto rurale fatto di savana e di circa 50 villaggi sparsi su decine e decine di km. Le strade sono piste di savana. Non esiste corrente elettrica né acqua potabile nelle case, ma ci si serve di pozzi a cielo aperto sparsi qua e là nella savana. Le case per la maggior parte sono fatte in mattoni di fango cotto e in pagliericci….Si vive con circa 50 centesimi di euro al giorno, principalmente del proprio lavoro agricolo di sussistenza (miglio, sorgo, cotone, arachidi ecc.) e di allevamento di bovini, suini, ovini e pollame. Nella stagione delle piogge molti villaggi sono raggiungibili solo a piedi e la gente resta isolata per più settimane.
La penuria di acqua potabile da sempre è un drammatico problema. La tecnica dei pozzi a cielo aperto, costruiti con le sole forze delle braccia da temerari scavatori che arrivano fino a 18-20 mt di profondità, non assicura l’acqua per tutto l’anno e spesso non è potabile. Da alcuni anni è nato il progetto che offre perforazioni a macchina fino a 50, 60 metri attingendo alle falde sotterranee.
La struttura è dotata di una pompa manuale per poter portare l’acqua in superficie. Il pozzo serve la popolazione di un villaggio, e il costo è poco più di 4.000 euro .”In una cruda realtà ai limiti della sopravvivenza, il pozzo è indispensabile per salvare vite e per il miglioramento delle condizioni di vita.
“Una signora di Cadoneghe, F. P. ha espresso il desiderio di costruire a sue spese un pozzo in Africa. Don Benoit, ha accolto con gioia questa iniziativa e la signora entusiasta e in lacrime nel veder la realizzazione del suo sogno, ha donato 4.030,00 euro” riferisce il Presidente Sergio Mirandola.
GRAZIE a questa signora che ha voluto realizzare il sogno di salvare delle vite, senza voler apparire. Grazie a chi dona.
Grazie anche all’on. Raphael Raduzzi di Cadoneghe per la sua donazione che contribuirà a incrementare i nostri progetti di aiuto.Tags: ciad, don Benoit, pala, pozzo
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Dopo il successo delle “Banche dei cereali”, che per la loro funzione hanno attirato l’attenzione dei grandi media internazionali, ora la lungimirante visione di p. Franco per aiutare quelle popolazioni ad uscire dalla fase di sottosviluppo, si sta concentrando sull’aumento della produttività.
E con un mezzo semplice, che noi europei abituati alla tecnologia esasperata facciamo fatica a comprendere, ma che calato in quella realtà è la soluzione più concreta e realizzabile. La fornitura di aratri a trazione animale, accompagnata dalla formazione in agricoltura, aiuta quei contadini ad aumentare la produttività, a raggiungere l’autosufficienza alimentare, e conseguentemente a migliorare il tenore di vita.
Non solo. L’impostazione che p. Franco ha dato, è quella anche di creare un substrato di artigiani, per costruire in proprio i mezzi e non dover dipendere dalle importazioni. Nascono così anche nuone opportunità di lavoro.
La sua visione e i suoi obiettivi sono sostenuti anche da “Caritas Antoniana“ che ha finanziato con 20.000 euro il progetto presentato da F.M. e Mano Amica. “ Il contributo è frutto della carità dei benefattori di Sant’Antonio, i quali, con le loro donazioni, esprimono il loro ringraziamento e la loro devozione”, come riporta p. Valentino Maragno direttore.
L’importo va ad aggiungersi ai 20.000 euro offerti da F.M. e Mano Amica, oltre a quelli dei tanti donatori amici di p, Franco.
Tags: aratri, Caritas Antoniana, martellozzo
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Nei Paesi del Sud del Mondo, la varechina si è dimostrata importante strumento per combattere il COVID.
Padre Franco in Ciad, dopo l’esperienza di aver sconfitto con l’aiuto della varechina il colera a Mongo nel 2011, riconosciuto anche dalle autorità civili, ha dato nuovo slancio alla produzione di varechina, moltiplicando i centri per la sua produzione con i nostri dispositivi e la formazione del personale addetto.
Ma non solo in Ciad. Anche in altri Paesi, è aumentata la richiesta di varechina.
La richiesta alla nostra associazione di nuovi dispositivi da parte di chi aiuta i Paesi poveri, dall’Africa al Paraguay, è ripresa.
Grazie alla disponibilità e dedizione del nostro socio Giorgio Ferro, che artigianalmente produce questi dispositivi, è stato possibile soddisfare le richieste, sia di nuovi dispositivi che di materiale di ricambio, graffiti, ecc., per quelli in funzione in loco.
Dispositivi consegnati: al 30 giugno 2021 n. 233 in 25 Paesi
Grazie a quei soci che in silenzio e senza clamore dedicano il loro tempo ad aiutare i più bisognosi.
Tags: ciad, Covid, Giorgio Ferro, martellozzo, varechina
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L’autosufficienza alimentare della popolazione del Ciad è il vero traguardo da perseguire: “solo così si potrà superare l’assistenzialismo” dice p. Franco.
Dopo aver eliminato l’influenza nefasta sugli agricoltori da parte degli strozzini con il successo delle banche dei cereali, ben 400 con 40.000 capi famiglia aderenti, ora p. Franco punta a continuare la fornitura di aratri ed erpici a trazione animale, che si sono dimostrati i più adatti per non distruggere l’humus.
Il progetto comprende anche la formazione agraria dei contadini e la formazione di fabbri, già 6 finora, per la loro costruzione e manutenzione.
L’appello è stato accolto da Fraternità Missionaria e Mano Amica con la decisione di finanziare con un importo di euro 10.000 cad., la fornitura di 800 aratri, integrando quanto spendono i contadini per il loro acquisto.
Un progetto avviato nel 2018, ma che ora deve soddisfare una richiesta crescente da parte degli agricoltori che hanno visto il netto miglioramento della produttività.“Se i contadini hanno il loro aratro, possono finalmente contare sull’autonomia alimentare e superare anche le difficoltà derivanti dalla crisi politica che sta trascinando il Ciad sull’orlo di una guerra civile” dice p. Franco nel corso di una videoconferenza con i Presidenti delle due associazioni.
E il grazie di p. Franco va a quanti hanno dimostrato questa sensibilità, consigli direttivi e soci, fornendo un concreto aiuto.Tags: aratri, ciad, guera, martellozzo, p. Franco.
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